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Il Sultano

2025-03-22 18:22

Michele Colombo

Spiritualità,

Il Sultano

Il Sultano

Il Sultano

Il sultano, re del deserto e di tutti i suoi tesori, dormiva scomodo in quelle notti di luna piena.

Attraversava scalzo sogni pungenti su tappeti di pietre.

Arrivava spossato al mattino, si alzava storto e legava il turbante con una brutta piega.

Gli occhi, con le borse piene di stanchezza, fissavano spaventati il lungo corridoio del giorno.

“Un sultano non ha paura” si ripeteva e chiamati i servi trasformava la paura in rabbia.

La luna, innocente, si scioglieva in un bicchiere azzurro di cielo e ignara tornava quando il giorno posava il bicchiere vuoto sul tavolo della notte.

“Maledetta luna!” imprecava il sultano rigirandosi nel letto, incapace di saltare sul treno dei sogni.

Più la luna risplendeva serena, più il sultano scuriva di rabbia.

Una mattina,  sabotato da un sonno ad occhi aperti, ricevette la visita di un vecchio saggio, macilento e curvo in un inchino d’umiltà.

“Avete preso una brutta piega” disse al sultano stravaccato sul trono, “permettetemi di stirare il vostro dolore”.

Il sultano lo guardò come fosse un moscerino e senza pensarci lo schiacciò in galera.

I giorni passavano e la rabbia non trovava oasi di pace nel deserto della disperazione.

“Ho i forzieri pieni d’oro, posso comprare ogni cosa, ma non vi è nessuno che venda la serenità” pensava durante la notte, sdraiato davanti allo schermo bianco dei sogni.

Si sfogava facendo soffrire gli altri.

“Se non sogno io, non deve sognare nessuno” urlava fra le sbarre del suo palazzo.

Dalle mani di un soldato arrivò un biglietto.

“Il moscerino che avete chiuso in prigione è morto. Ha lasciato  questo per voi”.

Il sultano prese il foglietto e lesse:

“Il buco della luna piena illumina l’altra parte del mondo, dove i re dormono sereni nei loro forzieri vuoti”

Colpito da quelle parole il sultano s’illuminò e raddrizzato il turbante s’incamminò solitario fra i crateri di luna del deserto, lasciando  tutto alle sue spalle.

La luna arrivò, illuminando il sentiero che porta oltre l’illusione.

Nella serena realtà di un mondo senza regni da difendere il sultano si sedette su un trono di ciuffo d’erba e finalmente sorrise beato.

 

Sono nato sotto il segno dei gemelli, dove attualmente risiedo. Già in tenera età mi esibivo nel ruolo di Antoine cantando “La Tramontana”. La tramontana per la musica, che non ho mai perduto, mi ha portato dapprima  a suonare la fisarmonica. Nel prato accanto alla mia casa ne costruirono una con dentro un giovane fisarmonicista. Da lui, ora dottore in pensione, ho appreso i primi rudimenti della musica. Mi dava i compiti scrivendoli come una ricetta. Compiti che io  diligentemente eseguivo prima dei pasti. Ho poi tirato il mantice della fisarmonica sino ha raggiungere la musica classica dove, in una sera di primavera, ho ascoltato il concerto per fagotto “La Notte” di Antonio Vivaldi. Catturato dai fantasmi che in quel brano si aggirano senza paura, ho iniziato a suonare il fagotto. Mi sono diplomato al Conservatorio “G.Verdi” di Milano. Preso in spalla così il mio “fagotto” ho iniziato a percorre il lungo sentiero che sale sul monte dove si fa musica seriamente. Percorso che ora continuo tra una meditazione e l’altra, la scrittura di libri di poesie e brevi romanzi. Più che cercare idoneità a concorsi musicali, ho sempre cercato l’idoneità necessaria per far vibrare il sentimento attraverso la mia ancia.

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